Per la fruizione non rileva il volume di ricavi e compensi 2019
Il Decreto Ristori estende il bonus locazioni previsto dal Decreto Rilancio. In particolare, il credito d’imposta viene applicato anche a ciascuno dei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2020. Sono, però, previste alcune particolari disposizioni che attengono all’ambito soggettivo di applicazione della disposizione che differenziano questo beneficio da quello goduto nei mesi passati.
Proroga del credito d’imposta
L’articolo 8, Dl 28 ottobre 2020, n. 137 (Decreto Ristori), pubblicato in GU 28 ottobre 2020, n.
269 – ed in vigore dal 29 ottobre – estende il bonus locazioni previsto dal Decreto Rilancio.
In particolare, il credito d’imposta previsto dall’articolo 28, Dl 19 maggio 2020, n. 34 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 viene esteso anche a ciascuno dei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2020.
Sono, però, previste alcune particolari disposizioni che attengono all’ambito soggettivo di applicazione della disposizione che differenziano questo beneficio da quello goduto nei mesi passati.
Per il resto valgono, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al medesimo articolo 28, Dl 19 maggio 2020, n. 34.
Ambito soggettivo
Il credito d’imposta spetta solo ai soggetti operanti nei settori economici riportati nella tabella dei Codici Ateco allegata al Decreto Ristori (si veda l’articolo «Nuovo fondo perduto per i settori colpiti dalle restrizioni» in La Settimana Fiscale n. 42 – 11 novembre 2020).
È agevole notare che i settori economici interessati richiamano quelli per i quali il Dpcm 24 ottobre 2020 ha disposto la chiusura o le limitazioni di orario di apertura.
Diversamente da quanto si legge nella relazione illustrativa, nell’elenco sono incluse anche quelle attività che, già a legislazione vigente, sono destinatarie della misura agevolativa fino a dicembre 2020, perché appartenenti al settore turismo (ci riferiamo alle strutture alberghiere e agrituristiche e alle agenzie di viaggio e turismo e ai tour operator). Evidentemente questi ultimi soggetti non possono cumulare le due agevolazioni, ma potranno godere del credito d’imposta relativo all’affitto d’azienda nella misura maggiorata del 50% rispetto all’ordinario 30% e, qualora in relazione alla medesima struttura turistico-ricettiva siano stipulati due contratti distinti, uno relativo alla locazione dell’immobile e uno relativo all’affitto d’azienda, il credito d’imposta spetta per entrambi i contratti con i propri limiti percentuali.
È escluso dall’agevolazione l’imprenditore individuale che, in data anteriore al primo gennaio 2020, risulta aver concesso in affitto o usufrutto l’unica azienda, in quanto non può essere annoverato tra gli operatori economici.
Occorre altresì notare che tra i soggetti beneficiari sono inclusi anche gli esercenti attività di lavoro autonomo (è il caso, ad esempio, delle guide turistiche e di artisti teatrali), sebbene la norma nel testo richiami solo le “imprese”.
Nonostante ciò, dalla lettura dell’articolo 8 si evince che il bonus spetta a prescindere dal volume dei ricavi e “compensi”, utilizzando una locuzione – quest’ultima – tipica dei lavoratori autonomi, i quali – se inclusi nell’elenco – fruiscono del credito d’imposta in esame.
I soggetti identificati fruiscono del credito d’imposta indipendentemente dal volume di ricavi e compensi registrato nel periodo d’imposta precedente (nel silenzio della norma si ritiene che il riferimento vada inteso al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del medesimo Decreto Ristori).
Si ricorda che il bonus locazione disposto dal precedente Decreto Rilancio era previsto in favore dei soggetti – imprese e lavoratori autonomi, ma anche altri soggetti non esercenti attività economiche (es. enti non commerciali, come le associazioni, enti del Terzo settore in generale ed enti religiosi civilisticamente riconosciuti) – con ricavi/compensi fino a 5 milioni di euro conseguiti nel periodo di imposta precedente. Solo per le strutture alberghiere e simili, nonché per i commercianti al dettaglio, non era prevista alcuna soglia.
La norma non specifica come stabilire l’esercizio di attività nei citati settori economici. Diversamente da quanto previsto dall’articolo 1, Dl 137/2020 – in relazione al contributo a fondo perduto spettante ai medesimi soggetti – che prevede l’esercizio in via prevalente di tali attività
(nello stesso modo l’articolo 13, comma 2, per l’esonero dei contributi previdenziali), nell’articolo 8 in esame viene detto che il tax credit locazioni spetta alle imprese (id est, “ai soggetti”) ” operanti nei settori riportati nella tabella“. Ci si pone quindi il problema se il bonus spetta anche agli operatori economici che esercitano tali attività solo in via marginale, o solo perché hanno segnalato il codice Ateco (principale o secondario) all’Amministrazione finanziaria, oppure se il bonus spetta a coloro che esercitano tale attività in via prevalente (es. sulla base dei ricavi). Ma in quest’ultimo caso occorre capire se la prevalenza va guardata in relazione all’anno 2019, all’anno 2020 (i cui dati non sono ancora definitivi) oppure ai mesi ottobre, novembre e dicembre 2020 (quelli che consentono la fruizione dell’agevolazione).
Ambito oggettivo
Il credito d’imposta spetta a fronte del pagamento di canoni di:
› locazione di immobili a uso non abitativo;
› affitto di aziende comprensive di almeno un immobile a uso non abitativo.
Il beneficio in commento spetta anche a fronte del pagamento dei canoni di sublocazione (Rm 20 ottobre 2020, n. 68/E).
Si noti che la sintetica norma del Decreto Ristori rinvia all’articolo 28 del Decreto Rilancio per estendere ad alcuni mesi il bonus relativamente ai canoni, come detto, di locazione e di affitto di aziende. Non richiama, come ha fatto il Decreto Rilancio, i canoni ” di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all’esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo ” (comma 1 dell’articolo 28), né i ” contratti di servizi a prestazioni complesse” (comma 2 dell’articolo 28). Si limita, invece, ad individuare come agevolabili i canoni derivanti da contratti di locazione (non si citano, quindi, i contratti di leasing o di concessione, di cui al comma 1) o di affitto di aziende (non si citano, quindi, i contratti di servizi a prestazioni complesse, di cui al comma 2).
Questo aspetto – preso alla lettera – potrebbe restringere ulteriormente l’ambito applicativo dell’agevolazione, già circoscritto solo ad alcuni soggetti; sarebbe opportuno, in virtù della ratio legis, che in sede di conversione in legge venissero inclusi tra quelli agevolabili gli immobili (destinati allo svolgimento delle attività economiche) detenuti in leasing, in concessione ovvero utilizzati mediante contratti di servizi a prestazioni complesse (es. immobili utilizzati con la formula contrattuale del coworking o la locazione di spazi attrezzati; cfr. in proposito Cm 1 marzo 2007, n. 12/E, paragrafo 8.1; risposta a interpello 25 luglio 2019, n. 318; Rm 10 giugno 1980, n. 381789).
Condizioni da soddisfare
Come retro evidenziato, non è previsto alcun requisito di accesso in funzione del volume dei ricavi.
Resta ferma la condizione relativa al fatturato prevista dall’articolo 28, Dl 34/2020.
Con | dizioni per la spettanza del bonus |
Volume dei ricavi | Calo del fatturato |
Nessuna limitazione | È richiesto che sia consuntivata una riduzione di almeno il 50% nei mesi di ottobre, novembre e dicembre 2020, rispetto a ciascuno dei corrispondenti mesi dell’anno 2019. |
Così per le nuove attività |
Dato l’espresso richiamo alle disposizioni, in quanto compatibili, dell’articolo 28, Dl 34/2020 le imprese che hanno iniziato l’attività nel corso dell’anno 2019 possono godere del bonus in esame.
Infatti, sulla base del comma 5 del citato articolo 28, la necessità di dimostrare la riduzione del fatturato di almeno il 50% nei mesi di ottobre, novembre e dicembre dell’anno 2020, rispetto agli stessi periodi dell’anno precedente, non sussiste per i contribuenti che hanno iniziato l’attività dal 1° gennaio 2019. In tal caso il credito d’imposta spetta in ogni caso anche se il fatturato non è concretamente diminuito.
Non si hanno indicazioni su come individuare il momento in cui l’attività possa considerarsi iniziata (non è chiaro se debba farsi riferimento al momento di attribuzione del numero di partita Iva ovvero al momento in cui l’attività è stata concretamente avviata. Dovrebbe valere l’apertura della partita Iva cfr. CM 22/E/2020). Inoltre, sempre sulla base del comma 5, non dovrebbe essere necessario dimostrare il calo di fatturato neppure per quei soggetti che risiedono nei Comuni colpiti da eventi calamitosi (con stato di emergenza ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19).
Il credito d’imposta spetta con riferimento al singolo mese solo se c’è il calo richiesto in relazione al medesimo periodo.
Esempio |
Potrebbe spettare il credito d’imposta per il mese di ottobre 2020 e non anche per gli altri mesi, qualora il calo del fatturato – nella misura stabilita – sia riscontrabile solo per tale periodo. |
Per determinare in modo puntuale il fatturato si può tenere conto dei chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate in relazione al concetto di “fatturato e corrispettivi”, espressione più volte utilizzata in questi mesi per verificare il presupposto di taluni bonus fiscali:
› nella Cm 13 aprile 2020, n. 9/E, paragrafo 2.2.5, l’agenzia delle Entrate ha ritenuto che il calcolo del fatturato e dei corrispettivi vada eseguito prendendo a riferimento le operazioni effettuate (ai sensi dell’articolo 6, Dpr 633/1972) in un dato periodo e fatturate o certificate, e che, conseguentemente, hanno partecipato alla liquidazione periodica di tale periodo, cui vanno sommati i corrispettivi non rilevanti ai fini Iva certificati nel medesimo periodo temporale.
L’agenzia delle Entrate ritiene, inoltre, che « la data da prendere a riferimento è quella di effettuazione dell’operazione che, per le fatture immediate e i corrispettivi, è rispettivamente la data della fattura (nel caso di fattura elettronica il campo 2.1.1.3 <Data>) e la data del corrispettivo giornaliero, mentre per la fattura differita è la data dei DDT o dei documenti equipollenti richiamati in fattura (nel caso di fattura elettronica il campo 2.1.8.2 <DataDDT>) ».
Secondo la Cm 13 giugno 2020, n. 15/E – avente ad oggetto il contributo a fondo perduto di cui all’articolo 25, Dl 19 maggio 2020, n. 34 – per la verifica del fatturato:
› devono essere considerate tutte le fatture attive (al netto dell’Iva) con data di effettuazione dell’operazione che ricade nel mese di riferimento nonché le fatture differite emesse nel mese successivo e relative a operazioni effettuate nel mese di riferimento;
› occorre tenere conto delle note di variazione di cui all’articolo 26, Dpr 633/1972 (riportanti la data del mese di osservazione);
› i commercianti al minuto e gli altri contribuenti di cui all’articolo 22, Dpr 633/1972 devono considerare l’ammontare globale dei corrispettivi (al netto dell’Iva) delle operazioni effettuate nel mese;
› concorrono a formare l’ammontare del fatturato anche le cessioni di beni ammortizzabili
(ancorché tali operazioni non rientrino nel computo del volume d’affari; articolo 20, Dpr 633/1972);
› nel caso di operazioni la cui imposta venga calcolata con il metodo della ventilazione dei corrispettivi ovvero con applicazione del regime del margine, meccanismi per i quali risulta difficoltoso il calcolo dei corrispettivi o delle fatture al netto dell’Iva, l’importo può essere riportato al lordo dell’Iva (sia con riferimento al 2019 che al 2020).
In relazione al calo del fatturato alcuni casi particolari sono stati esaminati dalla Cm 21 luglio 2020, n. 22/E, paragrafo 4, come sintetizzato nella tavola che segue.
Riduzione di fatturato e casi particolari | |
Caso | Soluzione |
I contribuenti con fatturato pari a zero sia nei mesi di osservazione del 2019 che in quelli corrispondenti dell’anno 2020 (come, ad esempio, gli stagionali) possono beneficiare della proroga? | No, perché non si può considerare soddisfatto il requisito del calo del fatturato. |
Come va determinata la riduzione del fatturato per i distributori di carburante e rivendita di tabacchi e beni di monopolio? | Ai fini della riduzione del fatturato è necessario considerare tutte le somme che costituiscono il “fatturato” del periodo di riferimento, a nulla rilevando la nozione di ricavi determinata secondo le modalità di cui all’articolo 18, comma 10, Dpr 600/1973. |
Ai fini della determinazione della riduzione del fatturato si deve tener conto delle operazioni interne alle imprese che operano
contestualmente in più attività, con contabilità separata? |
Sì, risultano incluse nella nozione di “fatturato” anche le operazioni effettuate tra le diverse attività esercitate dai soggetti fruitori e fatturate ai sensi dell’articolo 36, Dpr 633/1972. |
Le operazioni fuori campo Iva, indicate in fattura pur in assenza di uno specifico obbligo, rilevano ai fini della determinazione del fatturato? | Sì, vanno prese a riferimento le operazioni che hanno partecipato alla liquidazione periodica Iva, cui vanno sommati i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate in detti mesi non rilevanti ai fini Iva. Pertanto, se il soggetto ha certificato un ricavo o un compenso attraverso una fattura, pur non essendone obbligatoria l’emissione, la stessa va comunque inclusa. |
Riduzione di fatturato e casi particolari | |
Caso | Soluzione |
Come deve essere determinata la riduzione del fatturato per gli imprenditori agricoli in regime agevolato di cui all’articolo 34, comma 6, Dpr 633/1972 che risultano totalmente esonerati da obblighi contabili e di certificazione delle operazioni e che svolgono la propria attività ai sensi dell’articolo 4, Dlgs 228/2001? | Gli imprenditori agricoli in regime agevolato di cui all’articolo 34, comma 6, Dpr 633/1972 e che svolgono la propria attività ai sensi dell’articolo 4, Dlgs 228/2001, per la verifica della riduzione del fatturato devono considerare unicamente le operazioni poste in essere nei confronti di cessionari o committenti che, acquistando beni o servizi nell’esercizio di impresa, hanno emesso apposita autofattura. In assenza di tali tipologie di operazioni non risulta soddisfatto il requisito del calo di fatturato, con la conseguenza di non poter accedere al contributo. |
Misura del credito d’imposta
Il credito d’imposta previsto dalla norma spetta nella misura del:
› 60% dei canoni di locazione di immobili ad uso non abitativo;
› 30% dei canoni per affitto d’azienda.
Non essendo previsto il requisito del volume dei ricavi, le imprese esercenti attività di commercio al dettaglio con ricavi superiori a 5 milioni di euro nel 2019 – le quali con il Decreto Rilancio (comma 3-bis dell’articolo 28) potevano fruire di un credito d’imposta nella misura del
20% del canone di locazione e del 10% del canone di affitto di azienda – fruiranno con il Decreto Ristori di un maggior beneficio.
Canoni con Iva indetraibile |
Secondo la Rm 20 ottobre 2020, n. 68/E l’Iva non detratta, rappresentando un costo che incrementa il canone di locazione dovuto, concorre a formare la base di calcolo del credito d’imposta per le locazioni di immobili non commerciali.
Il chiarimento è riferito al caso di un immobile detenuto in sublocazione da un ente non commerciale privo di partita Iva, ma il principio dovrebbe valere per altre attività, anche esercitate in regime di impresa o nell’ambito di attività di lavoro autonomo. Quello che la risoluzione in esame qualifica come “particolare ipotesi”, invero, è una situazione molto ricorrente. Si pensi ai canoni di locazione pagati dagli esercenti attività sanitarie, i quali non detraggono l’Iva assolta sugli acquisti e sulle importazioni perché esercitano un’attività da cui scaturiscono operazioni esenti da Iva (articolo 19, comma 5, Dpr 633/1972). L’interpretazione fornita dall’agenzia delle Entrate è alquanto sorprendente, in quanto la norma (articolo 28, Dl 19 maggio 2020, n. 34) commisura il credito d’imposta al “canone”, riferendosi – evidentemente – a quanto previsto nel contratto, e non al costo, il quale potrebbe includere – sulla base della tecnica contabile adottata (si veda la norma di comportamento AIDC 152 del 2003 e la Cm 30 maggio 1995, n. 154/E, risposta 4.3) – anche l’eventuale Iva non detratta, quale onere accessorio del costo sopportato. Si tenga anche conto che il credito d’imposta sulle locazioni è cedibile (si veda infra), al locatore o a terzi. In proposito la Cm 14/E/2020, paragrafo 5 ricorda che “resta ferma … la possibilità di cedere il credito d’ imposta al locatore a titolo di pagamento del canone”. Ma è evidente che l’importo cedibile è pari al corrispettivo pattuito al netto dell’Iva. Si faccia l’esempio di un corrispettivo di 1.000 + Iva al 22% (220), per un totale di costo pari a 1.220. Il medico potrebbe cedere al locatore 600 (60% del canone) a titolo di pagamento del corrispettivo e dovrebbe corrispondere la differenza in denaro (620). Non può senz’altro cedere il 60% di 1.220, cifra che include l’imposta che deve essere incassata dal locatore/prestatore per intero, giacché quest’ultimo deve versarla all’Erario. |
Anche gli importi derivanti dalla proroga del tax credit per i mesi da ottobre a dicembre, sono soggetti ai limiti e alle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final « Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19 », e successive modifiche.
Fruizione del bonus
Il credito d’imposta matura dopo l’intervenuto pagamento del canone.
Il credito d’imposta è utilizzabile in tre diverse modalità.
Modal | ità di utilizzo del credito d’imposta | |
Compensazione | Modello Redditi | Cessione a terzi |
In compensazione con il modello F24, in base all’articolo 17, Dlgs 241/1997. La
compensazione mediante modello F24 può avvenire solo successivamente al pagamento dei canoni agevolabili, tramite la trasmissione del modello da effettuarsi attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’agenzia delle Entrate. È verosimile che verrà istituito un codice nuovo (per gli analoghi bonus previsti dai precedenti decreti erano stati istituiti i codici tributo: › 6920 denominato « credito d’imposta canoni di locazione, leasing, concessione o affitto d’azienda – articolo 28 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 »; › 6914, per il credito d’imposta di cui all’articolo 65, Dl 18/2020 (Decreto Cura Italia). |
Nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa.
Il contribuente avrà cura di indicare nel quadro RU del modello Redditi il credito d’imposta da utilizzare per ridurre l’ammontare complessivo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di riferimento della dichiarazione. |
Può essere ceduto al locatore/concedente (*) oppure ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari.
Alla fine del comma 6 dell’articolo 28, Dl 34/2020 (che prevede l’irrilevanza del credito d’imposta ai fini delle imposte dirette e dell’Irap) si trova l’inciso « salvo quanto previsto al comma 5-bis del presente articolo », con ciò volendo presumibilmente regolare il regime fiscale dell’eventuale differenziale tra valore nominale del bonus ceduto e prezzo d’acquisto del credito. Nella Cm 14/E/2020 l’agenzia delle Entrate aveva già precisato che tale eventuale differenziale positivo in capo al locatore deve essere tassato. |
(*) Il comma 5-bis dell’articolo 28, Dl 34/2020 prevede espressamente che il locatario possa cedere il credito d’imposta al locatore “in conto canone“, ossia in luogo del pagamento della corrispondente parte del canone (Cm 6 giugno 2020, n. 14/E). Nonostante la norma non lo preveda esplicitamente, per le modalità attuative dovrà attendersi l’emanazione di un provvedimento da parte dell’agenzia delle Entrate, analogo a quello emanato ai sensi dell’articolo 122, Dl 34/2020 (si veda il relativo provvedimento attuativo emanato dall’agenzia delle Entrate in data 1 luglio 2020, n. 250739/2020). |
Con riguardo ai termini entro cui deve essere effettuato il pagamento la norma in esame nulla stabilisce. Però, secondo l’agenzia delle Entrate, poiché il credito può essere indicato nella dichiarazione relativa al 2020, entro il 31 dicembre di detto anno va effettuato il pagamento, anche in via anticipata rispetto agli obblighi contrattuali (agenzia delle Entrate, risposta a interpello 5 ottobre 2020, n. 440).
Sul punto la Cm 6 giugno 2020, n. 14/E, paragrafo 6, afferma: ” in considerazione della circostanza per cui ai sensi del comma 5 si fa riferimento al canone «versato», per utilizzare il credito nella predetta dichiarazione dei redditi, è necessario che risulti pagato nel 2020 “.
Ora, relativamente ai bonus riferiti ai canoni di ottobre, novembre e dicembre 2020, è verosimile che alcuni importi verranno pagati nel corso del 2021; la legge di conversione, a tal fine, dovrebbe ampliare lo spettro temporale entro cui possono essere effettuati i pagamenti senza perdere il diritto a godere del credito d’imposta.
–di Dario Cozzi, Michele Meroni, Claudio Sabbatini – La Settimana Fiscale n. 42/2020 In Redazione: Paolo Di Gregorio